Storia di Promise

Sogna, ma non dormire – Dream, but don’t sleep.
Questo mi ripetevo tutte le notti in quel campo in Libia e l’avrei ripetuto altre mille volte.
Quando sono partita mi hanno detto: “Ti aiutiamo noi, non ti serve nulla…” Mia madre era preoccupata, glielo leggevo negli occhi, ma io sognavo una vita dove poterle essere utile, e questo era impossibile nel nostro villaggio.

Poi sono finita nelle mani di gente che ha un buon fiuto per pescare quelle come me, ed è cominciato il mio viaggio. Sì, quello è durato un eternità. I confini da attraversare e la paura… la paura non ti abbandona mai. Ho compiuto 16 anni in un ghetto in Niger, durante uno dei tanti passaggi. Poi l’avrei dimenticata quell’età: mi avevano detto che alla polizia era meglio dichiarare un’età diversa, un nome diverso.
Non sapevo nemmeno dove fosse l’Italia, non avevo idea che a dividerla dalla Libia ci fosse il mare. Il mare non lo scorderò mai: cambiava continuamente colore e noi eravamo in tanti, in troppi su quel gommone. Passavano le ore, al buio, e io mi ripetevo ancora: Sogna, ma non dormire. Dream, But don’t sleep.

Giunta in Italia ho ripetuto quello che mi avevano detto. Ho raccontato la storia che avevo imparato e ho preso un nome diverso, il nome che avrei usato in strada perché per i clienti era più facile da pronunciare.

In strada ero Rose. Sono stata Rose per 13 lunghi mesi, fino a quando non ho trovato qualcuno che mi ha dato ascolto. Ho incontrato operatori di strada, e loro non chiedevano nulla. Per la prima volta non dovevo “dare “. Mi sono fidata. Ma non è stato facile...
Alcune delle operatrici parlavano la mia lingua. Mi avevano dato un piccolo adesivo con un numero di telefono che nascondevo nella custodia del cellulare e che poi ho imparato a memoria. Una notte, il 17 luglio, ho deciso di chiamare e di chiedere aiuto. Ero esausta.

Quando mi chiedono di raccontare la mia storia vera, io penso: ma siete sicuri di volerla ascoltare? Io non ho più la forza di raccontarla... Sono stata ingannata. Usata. Violentata. E ora che finalmente riesco a guardare avanti, vorrei dimenticare.
Ho voluto raccontare la mia storia un’ultima volta, in Tribunale. Con gli operatori al mio fianco è stato meno difficile. Mi sono liberata, e ho pianto.
Sogna, ma non dormire. Dream, but don’t sleep....

Oggi festeggio il mio compleanno. 18 anni. Festeggio anche il nuovo lavoro, in un ostello della gioventù in una delle città più belle del mondo. Gli operatori e le mie amiche sono con me. Sulla torta le candeline e il mio nome: Promise. Il nome mio, quello che mi sono ripresa.

Sogno, e non ho più paura di addormentarmi.